una campagna audace e piena di sentimento. Sì, McDonald’s ha tolto il sorriso dal suo Happy Meal – e il mondo ha applaudito.
Cosa succede quando il brand del “sorriso facile” decide di essere sincero? Succede che McDonald’s lancia il “Not So Happy Meal” e spiazza tutti. Una campagna emotivamente fast che rompe il cliché della felicità a tutti i costi. E lo fa per una buona causa: parlare di salute mentale.
L’idea – Bye bye Happy, benvenuto Real
Nel maggio 2019 (e ripresa in modo virale anche negli anni successivi in versioni locali), McDonald’s USA ha collaborato con l’organizzazione Mental Health America per creare una limited edition dei suoi iconici pasti per bambini. Ma niente giocattoli, faccine sorridenti o “we love to see you smile”. Solo confezioni oneste, dal design brutalmente vero, con nomi come:
- “The Pissed Meal”
- “The Blue Meal”
- “The Salty Meal”
Una palette emozionale più variegata di quella del logo olimpico.
Quando la verità diventa virale
McDonald’s ha capito una cosa: le emozioni vere sono virali. In un mondo dove i brand si sforzano di apparire “relatable”, mostrare fragilità è la nuova forza. E poi diciamolo: chi è davvero sempre felice quando mangia da solo al Mc alle 2 di notte?
La campagna ha ottenuto:
- +500% di menzioni social nelle prime 48h
- Collaborazioni spontanee da parte di influencer nel settore salute mentale
- Uno tsunami di free press da testate globali
Tant’è che anche i competitor hanno twittato: “Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire che non stiamo tutti benissimo.”
Pillole di marketing (senza bugiardino)
- Controcorrente: Togliere il sorriso dove tutti lo mettono.
- Storydoing > Storytelling: non solo parlare di salute mentale, ma fare qualcosa per supportarla.
- Packaging come manifesto: le scatole sono diventate virali da sole.
- Timing perfetto: lanciata durante il mese della consapevolezza mentale.
Serve coraggio per dire “non va tutto bene”
Nel mondo patinato del marketing, McDonald’s ha fatto il contrario di quello che ci si aspetta: non ha venduto felicità, ha servito empatia. Un piatto che molti brand ancora non hanno il coraggio di mettere nel menù.
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